E-commerce e diritto di recesso: serve una tutela anche per il venditore?

Episodi sempre più frequenti nelle vendite on-line riguardano il comportamento abusivo di alcuni acquirenti che, sfruttando la tutela riconosciuta loro dalle norme sui contratti a distanza, esercitano in modo abusivo il diritto di recesso. Il fenomeno, particolarmente diffuso negli USA, colpisce in prevalenza i settori dell’abbigliamento/moda/gioielleria ove i prodotti si prestano ad essere indossati, magari per una o due sere, per essere poi restituiti al venditore completamente integri entro i termini previsti per l’esercizio del recesso. A fronte dunque della restituzione del prezzo e soprattutto senza l’addebito di alcuna penalità (sostenendo al massimo le spese di trasporto per il reso). Purtroppo non vi sono molti rimedi per fronteggiare questa situazione. Le norme sulla vendita a distanza sono completamente sbilanciate in favore dell’acquirente e, d’altra parte, l’esercizio abusivo del diritto di recesso non è contemplato come fattispecie illecita nella maggior parte degli ordinamenti. L’unica contromisura, come suggerito nell’articolo, consiste nell’adozione di policy di reso particolarmente restrittive, nel rispetto tuttavia delle norme in materia di diritto di recesso nei contratti a distanza (artt. 64 e 65, D. Lgs. 206/2005) che, lo ricordiamo, prevedono:

– l’esercizio del diritto di recesso entro il termine di 10 giorni lavorativi decorrenti dalla data di ricevimento della merce;

– l’ampliamento dei termini per l’esercizio del diritto di recesso sino a 60 giorni, in caso di mancata osservanza degli obblighi informativi previsti dall’art. 47, D.Lgs. 206/2005 circa l’esistenza e le modalità di esercizio del diritto.

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