Direttiva 2014/26/Ue: nuove regole sulla gestione collettiva dei diritti musicali

Lo schema di dlgs di recepimento della direttiva 2014/26/Ue relativo alla gestione dei diritti d’autore e alla concessione delle licenze multiterritoriali per i diritti su opere musicali per l’uso online nel mercato interno ha ottenuto il via libera in via preliminare dal consiglio dei ministri di ieri. Le finalità che il decreto si propone sono quelle di garantire:

– l’uniformità delle regole per la gestione collettiva dei diritti d’autore su opere musicali e dei diritti a essi connessi;

– la libertà per i titolari dei diritti di scegliere liberamente l’organismo di gestione collettiva cui affidare la gestione dei propri diritti, equa distribuzione delle royalties.

Viene inoltre prevista una struttura di governance idonea, nonché una adeguata informativa sull’entità dei diritti spettanti e sulle detrazioni effettuate, accompagnate da una appropriata rendicontazione e dalla previsione di un termine uniforme per la distribuzione dei compensi ai titolari dei diritti.

Tra gli organismi di gestione collettiva, nel decreto di recepimento, viene esplicitamente menzionata la SIAE che svolge attualmente la gestione dei diritti d’autore in regime di riserva legale.

In Italia continuerà quindi ad applicarsi, relativamente all’intermediazione dei diritti d’autore, il regime di monopolio affidato alla SIAE, come del resto permette la Direttiva, che “non interferisce con le modalità di gestione dei diritti in vigore negli Stati membri”, ferma la possibilità per i titolari dei diritti, prevista in Direttiva e recepita nell’articolo 4 del decreto, di rivolgersi ad un organismo di gestione collettiva di un altro Stato membro, indipendentemente dalla nazionalità di quest’ultimo, per la gestione dei propri diritti d’autore.

Gestione affitti brevi: le regole di Airbnb

La necessità di una maggiore regolamentazione all’home-sharing è stata un’esigenza sollevata di recente da più paesi, tra cui anche l’Italia (i parlamentari
italiani avevano suggerito l’introduzione di una cedolare secca al 21% e la creazione di un registro ad hoc dedicato agli «ospiti», proposta poi non passata).

A questi problemi prova a dare una soluzione la stessa Airbnb detentrice del principale portale di affitti-brevi formulando delle indicazioni di «buone pratiche» quindi non delle vere e proprie norme.

I modelli indicati come vincenti da Airbnb sono due: fissare il limite a 180 giorni (come avviene a San Jose), o creare un doppio binario: affitto libero fino 60-90 giorni con l’aggiunta di avere l’obbligo di richiedere una licenza oltre tale limite (come avviene già a Londra e a Philadelphia). Un’ altra proposta riguarda il numero di appartamenti gestiti: in due città (San Francisco e New York), è stata già introdotta la regola del «one host, one home» (un ospite, una casa) che porta con sé il principio: ogni proprietario può essere legato a un solo indirizzo. Un correttivo, questo, per cercare di impedire al gestore, che prende in carico più appartamenti, di trasformare l’affitto saltuario in un lavoro vero e proprio. Infine, un’altra buona pratica, inserita nel documento riguarda il principio: chi viola per tre volte le regole viene espulso dalla piattaforma. La società precisa che si dice disposta a studiare «metriche aggiuntive » per «aiutare le amministrazioni a definire le politiche da adottare», restando però nell’ambito dei dati aggregati e anonimi.

Il documento con le proposte di regolamentazione di Airbnb è scaricabile da questo link.

Beni usati in conto vendita coperti da garanzia

La Corte di giustizia Ue con sentenza del 9 novembre sulla causa C 149/15 h stabilito che il venditore può essere chiamato a prestare la garanzia legale di conformità anche quando vende beni ricevuti in conto vendita da parte di un privato.

Il caso esaminato nella sentenza si riferisce alle auto usate ma ben può applicarsi ad altre tipologie di beni di consumo normalmente offerte in conto vendita da parte di commercianti professionisti.

E’ bene ricordare che la definizione di professionista (attualmente in Italia trasfusa nel Codice del consumo all’articolo 128) prevede che sia tale ogni persona fisica o giuridica pubblica o privata che, nell’esercizio della propria attività imprenditoriale o professionale, utilizza i contratti di vendita di tali beni.

I fatti oggetto della sentenza risalgono all’aprile 2012, quando in Belgio un privato acquistava da un’autofficina una vettura usata per 4mila euro, senza rilascio di ricevuta da parte del venditore. Guastatosi il motore dopo soli quattro mesi, l’acquirente si tornava a rivolgersi all’officina venditrice e solo al momento della riconsegna della vettura riparata, di fronte a un conto di 2mila euro, veniva a conoscenza che la vendita era esente da garanzia legale di conformità perché effettuata per conto di un privato. Dopo il rifiuto di saldare da parte dell’acquirente, l’officina si rivolgeva al tribunale di primo grado che gli dava ragione. In appello il cliente chiedeva la risoluzione del contratto di vendita con restituzione del prezzo e un risarcimento di 2mila euro più spese; i giudici sospendevano il procedimento e rimettevano alla Corte Ue il quesito sulla possibilità di configurare l’officina come venditore professionista.

La Corte, dopo una lunga serie di considerando legati alla direttiva 1999/44, ha concluso che la qualifica di venditore su taluni aspetti della vendita di auto usate e relativa garanzia va attribuita anche al professionista che agisca per conto di un privato senza dichiarare che il proprietario del bene venduto è un privato. In tali casi pertanto il commerciante professionista deve prestare la garanzia di conformità resa obbligatoria dalla direttiva 1999/44/Ce sulla vendita dei beni di consumo.

Crowdfunding in crescita ma raccolta modesta rispetto al resto della UE

Interessante report pubblicato dall’Università di Cambridge in collaborazione con KPMG che mostra lo stato della raccolta di capitale con strumenti alternativi rispetto alla tradizionale finanza in ambito UE. Lo studio evidenzia, attraverso dettagliate statistiche paese per paese, un tasso di crescita elevatissimo della raccolta alternativa (circa il 92%). Il mercato che fa padrone è ancora quello UK mentre molto modesti i risultati in Italia ove la tipologia che pare aver riscosso più successo è l’equity-based-crowdfunding, riservato alle start-up innovative.

N.B. All’interno della Legge di Stabilità, attualmente in discussione al Senato, è prevista l’estensione dell’equity based crowdfunding a tutte le PMI.

Il testo del report è scaricabile da questo link.