Alle start-up innovative non si applicano le disposizioni in materia di società di comodo e di società in perdita sistematica di cui all’articolo 30 della legge 23/12/1994, n. 724 e all’art. 2, commi da 36-decies a 36-duodecies del dl 13/8/2011, n. 138.

Per “società di comodo” si intendono quelle che non sono preposte a svolgere un’attività economica o commerciale, ma soltanto a gestire un patrimonio mobiliare o immobiliare. L’ordinamento tributario prevede una disciplina di contrasto a tali tipi societari, volta ad evitarne l’utilizzo a fini antielusivi che viene derogato nel caso in commento. Le start-up innovative, infatti, ben difficilmente potrebbero prestarsi alla mera intestazione di beni che restano nella disponibilità dei soci, dal momento che la principale classe di immobilizzazioni immateriali iscritta nell’attivo di tali società sarà costituita dalle spese di ricerca e sviluppo ovvero investimenti necessari alla realizzazione del proprio oggetto sociale innovativo.

Tuttavia la disciplina delle start-up innovative nulla afferma circa l’applicabilità o meno a tali società degli studi di settore, ovvero di quel meccanismo che consente al fisco di stimare i ricavi attribuibili al contribuente sulla base dei dati contabili e delle caratteristiche strutturali dell’attività svolta.

Sembrerebbe un controsenso, da un lato, escludere le start-up innovative dall’applicazione dei meccanismi sulle società di comodo costringendole invece, dall’altro, a dichiarare comunque un reddito minimo sulla base di altri parametri tra cui l’entità degli invetimenti effettuati.

Sarebbe auspicabile che tali società venissero escluse dall’applicazione degli studi di settore prevedendo magari una causa di esclusione ad hoc o consentendo, in sede di compilazione del modello, di inserire una causa giustificativa di esonero costituita dall’iscrizione nell’apposita sezione speciale del registro delle impese.